venerdì 25 marzo 2016

Siamo piccole persone chiuse in piccole finestre



Alcune volte mi capita di credere di stare perennemente chiusa in una piccola finestra di un piccolo palazzo.
Tutto ciò che vivo lo scrivo semplicemente sui vetri appannati dal mio alitarci sopra, come se fossi una specie di burattinaio che giostra la sua vita. Disegno, scrivo, appunto e manipolo ogni cosa.
Il mio dettare si percuote su un corpo senza vita, un corpo che non ha il tempo di riflettere, analizzare, decifrare ciò che scrivo. Lo fa e basta. Meccanicamente. Istantaneamente. Come un robot.
Scritto in un rosso sangue, così macabro ma così colorato, la mia mente legge come leggono i bambini delle elementari: senza capire un bel niente.
Come le macchine delle poste sotto cui passano le lettere da spedire: capaci di riconoscere il codice del francobollo, ma non di verificare quanto il francobollo sia economico per una lettera che va negli Stati Uniti.
Come il dipendente al comune che timbra di tutto e di più senza nemmeno leggere di che si tratta.
Come chi ti sente, ma non ti ascolta.Come chi capisce, ma poi alla fine non capisce nemmeno il cazzo.
Come il barista che ti dà le caramelle a caffè, quando avevi chiesto le caramelle balsamiche.
Il messaggio c'è, ma non è recepito bene. L'e-mail arriva ma viene letto solo l'oggetto di ciò che si vorrebbe dire.
Accade nella mia mente, ma non sono sicura di percepirlo solo io.

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