domenica 22 ottobre 2017

Bellissimo

(questo post non è niente di speciale, semplicemente, dovevo fare ordine nella mia testa; ma il piano è fallito perché è tutto un casino)

La musica è sempre stata il parametro per capire me ed il mio modo di essere.
Come quando in un'equazione biquadratica, usiamo il parametro t per poter risolvere (sì, qualcosa l'ho imparato in questi cinque anni del cazzo). 
Niente è mai stato il mio forte se non l'uso della parola. Neanche il linguaggio del corpo. 
E certe volte, mi chiedo se ciò che scrivo o se ciò che sento viene recepito da me come viene recepito dagli altri. La risposta è no. Ognuno di noi ha una sorta di quadernino interiore in cui è appuntata ogni singola parola ed ogni singola relativa impressione, ciò che è per te, non è mai per tutti. E allora, chi mi capisce è come me? Condivide con me gli stessi binomi lettere-emozioni? O è solo empatia? 
In questi giorni c'è una canzone che mi rilassa i nervi e mi attorciglia i pensieri: Bellissimo.
I primi dodici secondi di questa canzone, scanditi da dita che suonano un pianoforte, fanno da metronomo alle prime ore che mi sveglio e alle ultime ore prima di acquietarmi nelle coperte. 
E la prima strofa, fa da propaganda a quest'anno di merda che non passa più, o che è passato o che ricomincia o che deve finire quando mi consegneranno il diploma e me ne andrò a fare in culo da qualche altra parte. 

''Beh, è andato tutto storto e sono vivo.
Quest’anno scorso in fondo è stato solo positivo
anche se a volte nello specchio non mi riconosco.
La vita è il morso di un molosso come un cane corso.
Ed al mio amico che mi consiglia l’aggregazione
Ho detto “mi frega zero della tua spiegazione”.
Quando si annega, è vero che dall’imbarcazione
c’è chi si aggrappa a un remo e spiega le vele altrove.''

Non è possibile ripercorrere gli eventi catastrofici dell'anno 2016/2017 in qualche riga di una canzone come tante. Che strano l'aggettivo ''catastrofico''. Mi dà l'impressione di un aggettivo che vuole prendere per il culo, o che vuole essere un modo come un altro per sfottere qualcuno di qualcosa, per presentargli davanti, ironicamente, come e perché non c'è nessuna catastrofe, si è solo melodrammatici.
Quanto odio quando mi si viene detto:''Ma quanto sei melodrammatica!''. Ma se fosse un melodramma o se non fosse una catastrofe vera e propria per me, perché te ne starei parlando?
A un certo punto della mia vita, ho solo modo di pensare che nessuno può capirti veramente eccetto te stesso. Anche se, ammettiamolo, ci sono gli stronzi che ti rinfacciano il fatto che tu ti preoccupi di un qualcosa che alla fine non è niente e gli stronzi che, quasi inteneriti, vogliono tranquillizzarti benevolmente. Di queste due categorie, preferisco la seconda, ma dato che odio sentirmi dire:''Ma no, stai tranquilla, sono cose stupide, una cosa come un'altra'', preferisco una terza opzione. E cioè, tenermi tutto per me. 
Il ritornello di questa canzone è zucchero nel caffè, è il momento di rilassamento all'estrema potenza. Come se quietasse, senza infilare dita nelle piaghe.

''Ho accettato che è bellissimo
rilassarsi nel pericolo,
dentro agli attacchi di panico.
La vita chiede rischi maggiori.
Oggi casa mia è un cunicolo,
arredato dopo un incubo.
Denti neri e sguardo livido,
la vita chiede azzardi migliori.''

In questi giorni, poi, mi è successa una cosa strana. Ho quasi voluto sfidare il destino, se mai esistesse. Mi son detta:''Chiama lo studio della psicologa al consultorio, se ti risponde allora è destino, se non ti risponde, allora è destino''. Beh, alla fine? Ho chiamato. ''Buonasera, consultorio della diocesi bla bla bla bla bla bla, per consultorio familiare clicca 1, per biblioteca clicca 2, per consulto medica clicca 3 ...'' inutile dire che non l'ho fatta manco fatta finire la registrazione, ho attaccato. E la prima cosa che ho pensato è stata.
M'hann fatt o' pacc! Che traslitterato dal napoletano, mi hanno fatto il pacco. E cioè, mi hanno chiusa in una situazione che non prospettavo. E' destino o non è destino? Poco importa.
In questi giorni, poi, ho riflettuto sui miei pensieri blasfemi. Come l'uomo o credere al destino, o credere a Dio, o credere al malocchio, o credere alla magia? Perché l'uomo ha un così alto bisogno di confidare in qualcosa o qualcuno? Perché l'uomo si sente così piccolo e debole da dover pensare che ci sia qualcosa al di sopra di noi capace di giostrare ciò che non possiamo giostrare noi? Noi non ne siamo capaci? Forse no, forse è intrinseco dell'uomo. Forse è intrinseco della natura umana. Forse siamo attratti da una spiritualità necessaria, naturale.
Gli atei si sentono superiori dei cattolici che credono alla vergine maria, la trinità, l'eden, la mela e il serpente. Ma l'ateismo esiste? L'uomo è capace di vivere disincarnato dalla spiritualità spontanea di ognuno di noi? L'uomo può credere solo in se stesso e nella sua razionalità? Perché i cattolici sentono di aver capito qualcosa di universalmente stabile e spiritualmente vero per l'umanità intera? Perché i religiosi sono convinti di aver conosciuto grazie al loro dio la destinazione dell'umanità intera dopo la morte della nostra carne?
Lascio il mio cervello vagare ancora un po' in questi interrogativi inutili e che potrei risparmiami per studiare un po'.




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